Branca della chimica che si occupa di stabilire il
comportamento di sistemi chimici applicando le leggi generali della fisica.
È detta anche
fisica-chimica (o
fisico-chimica); le due
denominazioni vengono usate indifferentemente, ma ognuna delle due pone in
maggior rilievo la parte chimica o fisica dei problemi. La
c.f. si
è differenziata dalla chimica generale in quanto - pur partendo dalle
stessi leggi - ne cerca delle applicazioni più estese, riuscendo a
produrre un substrato di conoscenze e di assiomi (sempre indotti
dall'esperienza) che permettono un'organizzazione sistematica della chimica,
inquadrando le sue leggi in quelle più generali del mondo fisico, quali
la conservazione dell'energia in un sistema chiuso, la trasformazione
massa-energia, ecc. Anche nella
c.f. vi sono dei capitoli, che, per la
loro vastità e specializzazione, costituiscono ormai delle scienze a
parte; i più grandi sono l'
elettrodinamica e la
cinetica
chimica. Lo studio della
c.f. è iniziato con la
termodinamica. Con Hess, Van't Hoff e Gibbs furono poste le basi della
termodinamica dei sistemi macroscopici, cioè di quelli che
contengono un numero abbastanza elevato di atomi o molecole (ad es. almeno un
milione), sia omogenei che eterogenei. Particolarmente utile fu il concetto di
fase e poi di
spazio delle fasi (dovuto a Gibbs) e di
varianza di un sistema: esso permette infatti di conoscere i gradi di
libertà di un sistema chimico, e quindi quanti (ed eventualmente quali)
sono i parametri necessari per definirlo. Per contro, assegnato un dato sistema
e certe condizioni, permette di stabilire se queste condizioni bastano a
definirlo; altre leggi permettono poi di conoscere come il sistema si evolve al
variare delle condizioni in cui si trova. Queste conclusioni sono di enorme
importanza; senza di esse (e della cinetica chimica) sarebbe infatti impossibile
costruire anche un solo impianto chimico. Val la pena pertanto di illustrare
brevemente i concetti base e i risultati di questa trattazione. La
termodinamica chimica si occupa dei
sistemi chimici, essendo un
sistema una regione occupata da materia che è sotto studio. Esso è
separato dai sistemi circostanti, costituenti l'ambiente, da un
contorno
che può essere libero al passaggio di materia e calore, oppure permettere
il passaggio di solo calore, o sola materia oppure solo di certe specie
chimiche. Le
specie chimiche che si considerano sono tutte quelle che
hanno significato macroscopico, e che sono rilevabili direttamente o per mezzo
di opportuni strumenti. Precisamente sono:
atomi, molecole, ioni atomici,
ioni molecolari, radicali, elettroni. Per i sistemi valgono le definizioni
solite di
omogeneo ed
eterogeneo (V.
CHIMICA). È opportuno distinguere anche l'omogeneità
dall'
uniformità; la prima implica l'uguaglianza di tutte le
proprietà fisiche in tutti i punti del sistema; la seconda implica solo
l'uguaglianza di una o di alcune proprietà. Un sistema uniforme rispetto
alla temperatura si dice
omotermo, rispetto alla pressione si dice
omobaro, ecc. Ad esempio si consideri un sistema quale si può
ottenere scaldando a 800 °C una massa di carbonato di calcio
CaCO
3. Esso si decompone in calce (ossido di calcio) e anidride
carbonica secondo la
reazione:
CaCO
3
→ CaO +
CO
2Se la reazione è
condotta in un recipiente chiuso (rappresentante il contorno del sistema) tenuto
alla temperatura detta per lungo tempo, essa si porta all'
equilibrio,
cioè in una condizione in cui la reazione, dopo essere proseguita per un
certo tempo, non prosegue più. A questo punto sono presenti (in
quantità più o meno alte) sia CaO che CO
2 che
CaCO
3, in quanto nessuna reazione è mai completa, e quindi
resta sempre una certa percentuale di reagenti. Si può vedere che a
questo punto esistono tre fasi distinte: due solide (cristalli di CaO e di
CaCO
3, distinti) e una gassosa (composta prevalentemente da
CO
2 ma contenente anche piccole parti di CaO e CaCO
3). Il
sistema - per le ipotesi fatte - ha raggiunto anche un equilibrio termico e di
pressione; è quindi omotermo e omobaro; non è invece omogeneo,
mentre lo sono le tre fasi dette. Considerando per generalità la
classe di sistemi costituiti dalle tre sostanze suddette (indipendente
quindi dalla quantità totale e delle singole fasi), sotto alcune ipotesi
(assenza di campi di forza esterni, effetti di superficie trascurabili, stato di
sollecitazione meccanica del sistema caratterizzabile con la sola pressione)
possiamo applicare la regola delle fasi. Essa si esprime con la
formula:

ove
Ci
il numero di componenti indipendenti,
f il numero di fasi
presenti nel sistema e
v la varianza del sistema. Il numero di componenti
indipendenti è dato dal numero delle specie presenti
S, diminuito
del numero di reazioni indipendenti che avvengono nel sistema
(
Rc) e del numero di rapporti molari omogenei
(
Rm), cioè del numero di vincoli posti fra le
quantità di due sostanze in una certa fase (ad es. fra l'ossigeno e
l'azoto nell'aria esiste un rapporto di questo tipo, in quanto sono sempre nel
rapporto 21:79 circa). Nel nostro caso si ha
che:

in quanto si hanno 3 specie
(CaCO
3, CaO, CO
2), una sola reazione (quella scritta) e
nessun rapporto molare omogeneo. Pertanto la varianza, tenendo conto che si
hanno tre fasi, diventa:

Il sistema si dice quindi
monovariante. Ciò significa che, fissata la temperatura, resta
determinato tutto il sistema (cioè la sua pressione e la composizione
della fase vapore). Se invece si fissasse la pressione (ad es. 2 atmosfere)
resterebbe automaticamente determinata a temperatura e tutto il resto. Non
è quindi possibile fissare contemporaneamente temperatura e pressione, in
quanto la regola delle fasi ci dice che il sistema è definito da uno solo
di questi due parametri; se fossero dati entrambi si porrebbero al sistema
più vincoli di quelli che può accettare (pari alla sua varianza,
cioè ai suoi gradi di libertà): sarebbe come voler fissare la
posizione di un punto sul piano cartesiano dando tre coordinate. Si supponga ora
che la reazione scritta avvenga in presenza di aria (N
2 e
O
2). Il numero delle specie aumenta di due, ma
Rm =
1 per quanto detto; il resto non varia. Rifacendo i conti si
trova:

onde la varianza del sistema
diventa:

Il sistema in questo caso
è
bivariante, e può essere definito in tutta la
composizione relativa delle fasi assegnando la sua temperatura e pressione.
È intuitivo quanto siano utili questi semplici conti per poter trattare
matematicamente i sistemi e le equazioni, soprattutto quando in un sistema
avvengono molte reazioni contemporaneamente. È recente ad esempio
l'applicazione della regola delle fasi al sistema costituito da un altoforno per
la produzione di ghisa, nel quale avvengono moltissime reazioni (anche qualche
decina) contemporaneamente. È poi immediata la rappresentazione
matematica del sistema come punto in uno spazio numerico, detto
spazio delle
fasi. Questo spazio ha un numero di coordinate pari alla varianza del
sistema; in esso il sistema è rappresentato da un punto, e la sua
evoluzione fra due diversi stati da una curva congiungente i punti
rappresentativi dello stato iniziale e finale, passando per tutti i punti
rappresentativi degli stati intermedi della trasformazione. Così un
sistema bivariante sarà rappresentato nel piano cartesiano (ad es. con
coordinate temperatura e pressione); un sistema trivariante nello spazio
cartesiano (coordinate temperatura, pressione e ad es. concentrazione di una
specie in una fase eterogenea), e così via. Per poter eseguire i calcoli
sulla composizione delle fasi è però necessario conoscere un dato
sulla reazione, e precisamente la sua
costante di equilibrio. Il decorso
della reazione in modo più o meno spinto dipende, infatti, dalla
quantità delle diverse specie (reagenti e prodotti) presenti in modo
diverso per ogni reazione. Si consideri ad es. la sintesi dell'ammoniaca
(gassosa) a partire da idrogeno e azoto (gassosi) secondo la
reazione:
3 H
2 + N
2
→ 2
NH
3Essa avviene in fase
gassosa, e quindi omogenea. Si può vedere che la
costante:

dipende unicamente dalla
temperatura cui si trova il sistema (la dipendenza dalla pressione totale
è trascurabile). La
Kp è detta
costante di
equilibrio del sistema; nota questa è possibile ricavare la
composizione della fase (gassosa) all'equilibrio, e quindi la quantità di
ammoniaca che si ha all'uscita dall'apparecchiatura in cui si fa avvenire la
reazione scritta. La
Kp ha un valore sperimentale; nota quella
ad una temperatura è però possibile (con l'aiuto di altri dati
pure sperimentali, riportati in tabella) calcolare quella ad una temperatura
qualsiasi. Invece delle pressioni parziali
dei gas si possono anche introdurre le
loro frazioni molari, ciò il rapporto fra le moli di una specie
presenti e le moli totali presenti. Indicheremo queste con

Dato che

ove
P è la
pressione totale del sistema (supponendo i gas ideali), si ha
che:

Come si vede da questa formula
la quantità di ammoniaca che si forma ad una
certa temperatura (quindi con
Kp) costante è
proporzionale al quadrato della pressione totale del sistema; per avere molta
ammoniaca (dato che il
Kp di questa reazione è basso)
si deve lavorare ad elevate pressioni (V.
AMMONIACA). La
c.f. fa molto uso del concetto di
fugacità (che è una pressione corretta con un coefficiente)
in quanto permette di avere dei migliori risultati: la formula scritta sopra
è infatti approssimata in quanto non tiene conto dell'effetto della
pressione sulla
Kp e sulla tendenza a reagire delle varie
specie. Allo stesso modo per i sistemi condensati si usa molto spesso
l'
attività (che è una concentrazione corretta con un
coefficiente) al posto delle concentrazioni. Le reazioni chimiche sono in
generale
reversibili, cioè si possono trovare delle condizioni in
cui la reazione procede in senso inverso a quello della freccia. Tuttavia non
sempre ciò avviene senza perdite; in alcuni casi (esplosioni,
combustioni, ecc.) le reazioni non sono però reversibili, almeno in tutte
le condizioni che si possono pensare in laboratorio. Ciò d'altronde
è comune a molti fenomeni termodinamici; una nuova scienza, la
termodinamica dei fenomeni irreversibili, benché solo agli inizi,
promette risultati molto interessanti dallo studio di questi fenomeni. La
c.f. non è però limitata alle poche considerazioni fatte.
Il suo campo, già molto vasto, si è ulteriormente ampliato con lo
studio della struttura degli atomi e delle molecole (
strutturistica
chimica) per il quale si avvale dei risultati delle indagini sull'atomo
(V. ATOMO e ATOMICA,
MECCANICA). Su un'altra via è indirizzata, la
termodinamica
statistica, sviluppatasi dalla teoria cinetica dei gas. Il suo punto di
vista è diverso da quello sopra enunciato: non si occupa più di
sistemi macroscopici ma microscopici, onde studia (coi mezzi della statistica)
il comportamento di atomi, molecole e particelle, giungendo coi calcoli a
risultati verificabili sperimentalmente (sul piano macroscopico). Il
comportamento di un sistema dipende infatti da quello medio di tutte le
particelle che lo compongono. Anche i fenomeni di trasporto di massa e di
energia all'interno dei sistemi chimici e fisici sono oggetto della
c.f..
I risultati trovano una larghissima applicazione nel campo dell'ingegneria
chimica, e le leggi così enunciate sono la base per la progettazione di
tutte le apparecchiature (V. anche
CINETICA CHIMICA).